Etichettato: vittoria italiana

London calling – day 13

Le Olimpiadi si disputano ogni 4 anni, come è noto (quelle invernali nemmeno le conto, mi interessa solo il curling poiché mi da la misura che si può essere olimpionici anche con poco, che è una grande speranza per tutti, in fondo. Quasi come il sogno diventare presidenti americani). Come i Mondiali di calcio, in fondo, scandiscono la nostra vita, che anche atleti non siamo, figuriamoci di chi deve parteciparvi. Oggi sentivo che qualche sconfitto già dava appuntamento a Rio 2016, quasi accorciando la vita reale nel tentativo di fare dell’appuntamento brasiliano un’ideale rivincita della sconfitta odierna. Qualcuno invece lascia, poi magari riprenderà, chissà. Qualcuno è indeciso, ed attende l’arrivo di nuove motivazioni per riprovarci; se pensiamo che la Vezzali, la donna più medagliata della storia olimpica italiana, ha già annunciato che a Rio ci vuole essere, mentre siamo in dubbio ci sia la Pellegrini che ha 14 anni di meno, comprendiamo come la testa di un atleta possa far molto, anche grazie magari a sport che lo consentono.

E’ bello che già si pensi al 2016. Aiuta ad esorcizzare il presente, proiettandoci nel futuro lontanissimo. Ma in fondo dietro l’angolo. Nel 2016 avrò 48 anni, e sarò alla mia tredicesima Olimpiade, ma sarà in pratica solo la decima realmente vissuta. Chissà come la vivrò, e se la vivrò. Per ora mi godo a tempo pieno queste, dopo almeno 2 Olimpiadi viste poco e niente, Atene e Pechino. A parte i problemi della Rai, e quelli dei diritti televisivi, trovo uno sport più globalizzato rispetto a come l’ho lasciato a Sidney. Tutti possono fare risultati in ogni campo, bastano impegno, talento e programmazione. Scorrendo l’elenco delle medaglie delle ultime Olimpiadi, comprendiamo anche la mappa del potere economico da un lato, e i programmi alle spalle di alcune nazioni dall’altro. La Cina è ormai la prima nazione nel medagliere, impensabile 20 anni fa. La Corea se la batterà per il terzo posto, idem. La Russia sta scomparendo via via, sostituita in parte da alcune sue ex repubbliche; l’Africa sale pian piano; nuovi paesi si affacciano alla ribalta, altri lentamente quasi scompaiono: alcune nazioni del blocco sovietico sono in piena crisi. E la stessa opulenta Germania, finita la Germania Est e il suo bacino di atleti, sta pagando dazio. Mentre va forte l’Inghilterra, che ha scommesso molto su un progetto a lunga scadenza per le Olimpiadi 2012, e ora sta ricevendo  frutti dell’investimento. Si difende bene la Francia, non decolla la Spagna, rimangono fra le più medagliate anche Australia e Giappone, delle vecchie potenze; rimane fuori dai giochi incredibilmente l’India, e in fondo anche gli sceicchi non è che investano in sportivi locali i loro soldi, preferiscono comprare squadre europee, forse guardano troppa tv…

L’Italia… l’Italia è quasi un miracolo, a pensarci. Buona parte della nostra squadra è di militari, l’ultimo rimasuglio delle partecipazioni statali. Non ci sono impianti, non ci sono investimenti (perché non ci sono soldi), non ci sono programmi: ci sono solo funzionari ben pagati, quello sì. Ci sono, però, tante isole felici, tanti talenti e tantissima passione: quella è tangibile, si tocca quasi con mano anche dalla televisione. Una passione che coinvolge anche gli sportivi ricchi, quelli che con lo sport ci campano e bene: l’Olimpiade aiuta a sentirsi parte di un tutto, cenare una sera con un polacco e quella dopo con un giamaicano toglie quella patina di puzza sotto al naso che alcuni sport tendono ad avere, se non altro per il conto in banca.

Non so quante medaglie vincerà l’Italia alla fine. Per ora siamo a 17, spero siano il doppio per superare le 27 di Pechino, ma sarà difficile. Certamente, dietro ogni medaglia c’è una storia, singola o di un gruppo; ci sono fatica, allenamenti, scelte, esclusioni eccellenti, scoperte. Come c’è una storia dietro ogni gara, e dietro ogni singola prestazione di ognuno dei nostri. Che qui, per 15 giorni, perdono la loro individualità – pur mantenendola in gara – e diventano atleti italiani, da tifare a prescindere da ogni tipo di campanile.

Perchè bisogna capire che, e chi l’ha fatto lo sa, lo sport è una fantastica cartina di tornasole dell’esistenza umana, ed una palestra di vita. Perchè facendo sport si insegnano ai ragazzi molte più cose di quelle che puoi insegnare controvoglia a scuola, per esempio. Ci pensi chi decide le sorti dello sport italiano, dove si trasmette in tv per il 95% soltanto calcio senza nemmeno che si sappia se un italiano ha vinto un mondiale in altri sport.

@aletozzi

London calling – day 11

Coltivo da sempre una passione smodata per i perdenti. E lo sport, più di ogni altra occasione, è il momento dove vittoria e sconfitta trovano una propria definitiva certificazione: non si può mai barare rispetto al riscontro del campo, fosse anche frutto del caso, di sfortuna o di una magagna arbitrale.

La sconfitta in una gara olimpiaca ha mille volti, e mille sfumature.

L’ottavo posto della esordiente e trentaseienne Straneo, mamma di due bambini, nella maratona femminile non suscita rimpianti, anzi solo grande felicità. Il sesto posto del ciclista Viviani ci può anche stare, ma considerando che il nostro era primo fino all’ultima prova si intuisce la rabbia per questa mancata medaglia. Chi l’ha presa con un sorriso, ma dentro deve avere un mondo in subbuglio, è il 34enne ginnasta Busnari, quarto al cavallo con maniglie, mai a medaglie alle Olimpiadi, con la giuria che ha probabilmente regalato un bronzo ad un inglese, ma vai a capire da profano chi è più bravo e chi meno. Piangono le azzurre del beach, ma hanno perso (male) contro due mostri sacri: forse dovranno ripensare alle loro parole spavalde di ieri che a loro non importava giocare con quelle o quelle altre, ma la sconfitta aiuta anche a questo. Male le ragazze della pallanuoto, non è più il gruppo di Formigoni, ed è anche cambiata la pallanuoto nel frattempo, è una sorta di rissa in acqua che mal si addice alle nostre. Ha le sembianze di una ginnasta americana, che alla fine di una gara al ciapanò al volteggio stava vincendo, e invece è atterrata di sedere, una scena quasi comica, e ha comunque vinto l’argento.

La sconfitta ha il viso di Pistorius, ultimo in batteria nei 400, felice di essere qui, e di scambiare il pettorale col vincitore della batteria. O quello della ginnasta americana che non salta nemmeno, ed esce di scena quasi in silenzio. O forse quello di Federer, che mai pensava di poter perdere da Murray in questo modo una finale. O anche quello del nostro Giordano, che finisce quinto nella pistola in rimonta, e ridendo dice che per lui quel piazzamento è come mettere una medaglia al collo.

Oggi, però, la sconfitta ha solo il viso dolce di Tania Cagnotto, che per 0.20 punti (su 360 e oltre) ha perso il bronzo, e l’ennesima medaglia olimpica della sua lunga carriera, che a questo punto non può finire qui. Il pianto sommesso, la voce arrotata ed incrinata, i toni sempre signorili dicono tanto di questa ragazza, cui probabilmente manca un po’ di cattiveria anche nella vita per mettere al collo una benedetta medaglia. Andrebbe fatta allenare non con il padre, altro signore che non parla mai male delle giurie che fanno e disfanno in questo e in altri bellissimi ma maledetti sport, ma con dei personaggi alla Stefano Cerioni, che partecipa alle gare del fioretto come se l’avesse in mano anche lui, magari da dare in testa ai suoi, ricordando i tempi in cui vinceva in pedana anche facendo il matto.

E’ una sconfitta dolce e amara. Un quarto posto durissimo da mandar giù che certamente non la ripaga di speranze e sacrifici, ma che nel ricordo della gente equivale a una medaglia d’oro, e forse anche più, perchè alla fine ci si affeziona di più ai perdenti, soprattutto se perdono da vincitori.

E Tania oggi, e nella vita, certamente lo è.

La faccia della vittoria oggi ha solo due volti: Usain Bolt nei 100 mt che sbaraglia il campo (ma che gli danno agli atleti in Giamaica, a parte le canne?) e Andrea Baldini nel fioretto a squadre, che ci da la settima medaglia di una Olimpiade da incorniciare.

Ma stasera non mi interessano i vincenti, peggio per loro. O anche per l’oro, chissà…

@aletozzi