Etichettato: doping

London calling day 17

L’immagine del giorno è un corridore canadese che piange come un bambino a cui abbiano tolto la Nutella dalle mani, dopo aver vinto il bronzo nella 4×100 mt maschile, dietro ai marziani giamaicani e i campioni americani, perché hanno appena squalificato la loro staffetta per aver pestato la riga della corsia accanto, senza dar fastidio a nessuno. 4 anni di sacrifici andati in fumo per aver calpestato una riga.

Che l’Olimpiade sia ormai una questione di centimetri, come ripete ossessivamente Al Pacino nel suo film sul football americano, lo si vede quasi in ogni gara. Quello che accade nella piattaforma maschile è emblematico. Arrivano in tre praticamente a pari merito all’ultimo tuffo, dopo la gara forse più competitiva della storia dei tuffi. E vince un americano per essere andato alla perfezione nell’ultimo tuffo, uguale a quello del cinese, che tocca solo la perfezione meno un pizzico, mentre il campione di casa, il ragazzo Daley, è arrivato terzo con una grande prestazione, con un tifo calcistico. L’americano che vince, fra parentesi, è uno che da ragazzo si rifiutava di tuffarsi dalla piattaforma, perché aveva le vertigini; che poi è la stessa sensazione che avrei io, guardando il mondo da quell’altezza, e sapendo di dovermi tuffare con varie capriole di sotto, atterrando a 70 Km/h. La domanda che mi sono posto è sempre stata la stessa: ma quando tu provi mille tuffi al giorno, anche se ne sbagli solo 10 di brutto, quanto male ti fai, soprattutto se sono tuffi “nuovi” ?

Perde il Brasile nel calcio, nonostante tutti i suoi fenomeni veri o presunti: brutto viatico per i mondiali di Rio 2014. Vince il volley femminile, volley che tradisce assai poco i carioca, assai meno del football, spesso gioia e dolore della torcida.

La medaglia d’oro di Molfetta nel taekwondo, un’arte marziale basata molto sui calci, meriterebbe una storia a parte per come è venuta. Nei quarti di finale, sopra di 1 punto a 5 secondi dalla fine, con un cinese 20 cm più alto di lui, il nostro prende un calcio in faccia che vale 3 punti, e va 1 sotto. Come in una rissa condominiale, comincia a inseguire il cinese per la pedana, che scappa voltandosi ed esce dalla stessa, facendo finire il tempo. Richiesta di moviola, punto di penalizzazione e 5/5, gara poi vinta ai supplementari con un altro colpo allo scadere. In semifinale, gara contro un altro gigante del Mali. Molfetta va avanti, viene recuperato e piazza il 5/4 a 5 secondi dalla fine, ma all’ultimo secondo il maliano gli da un calcio in faccia che sarebbero 3 punti. Richiesta di moviola, ma punti non assegnati perché mentre gli dava il calcio lo teneva per il bavero. Si arriva così in finale. Prima ripresa sotto 6/1 con un atleta del Gabon, alla sua prima medaglia olimpica, poi recupero, ma calcio in faccia del maliano che arriva quasi a un punteggio di sicurezza, che Molfetta rimonta negli ultimi secondi: 9/9. Si va all’extratime, dove nessuno fa punti, e il nostro viene premiato per aver portato comunque più colpi, finendo abbracciato con l’avversario: quando uno deve vincere spesso è il destino a deciderlo, più ancora della bravura e dei colpi che uno porta.

Destino che non è sorridente con Clemente Russo, ancora argento, contro un ucraino che sembra Ivan Drago, ed alla fine balla come un bambino sul ring. Storie olimpiche.

Oggi riflettevo sul doping, vedendo arrivare in sequenza russi/russe e cinesi nelle rispettive gare, mentre altri svenivano sul percorso: tutti campioni e campionesse? Come mi fa riflettere quando leggo notizie di atleti misconosciuti trovati positivi al doping, atlete siriane atleti greci e compagnia, tutta gente senza speranze di medaglia, e penso: perché rischiare di essere beccati, senza avere alcuna speranza di portare a casa una medaglia? Perché il caso del nostro marciatore è ben diverso: lui si dopava per rimanere un campione come aveva già dimostrato di essere, e portare ancora a casa una medaglia. Doping da prestazione, da sponsor, da ansia, chiamatelo come vi pare. Ma quale è l’ansia dell’atleta siriana che ha il trentesimo tempo nella sua specialità? Ieri ho saputo che la nazionale di pallanuoto maschile deve molto ad una psicologa che da anni affianca i ragazzi. Lo psicologo, per uno sport dove quasi non esiste stress? E cosa dovrebbero avere in camera i giocatori di calcio, direttamente Freud allora? C’è da meditare sull’ansia degli atleti, che poi è quella di noi tutti esseri umani nello svolgersi della nostra vita, anche se alla fine della giornata non ci sono medaglie e inni, ma solo cose fatte bene e cose fatte meno bene.

Bella la gara del pentathlon, anche se mette tristezza la pistola laser, mi sembra di stare al luna park. Come nel bmx, disciplina ciclistica in stile montagne russe.

In ultimo un pensiero a quell’atleta coreano, escluso dalla premiazione nel calcio perché alla fine della partita del terzo e quarto posto aveva esposto un cartello con scritto il nome di un arcipelago di isole, da anni conteso ai giapponesi, battuti nella finalina del calcio: che alle Olimpiadi si trovi il pretesto per lanciare messaggi di questo genere, giusti o sbagliati che siano, vuol dire che non si è capito niente dello spirito olimpico. Anche se sono sicuro che quando rientrerà a casa, quel coreano sarà considerato un eroe…

@aletozzi

London calling – day 13

Le Olimpiadi si disputano ogni 4 anni, come è noto (quelle invernali nemmeno le conto, mi interessa solo il curling poiché mi da la misura che si può essere olimpionici anche con poco, che è una grande speranza per tutti, in fondo. Quasi come il sogno diventare presidenti americani). Come i Mondiali di calcio, in fondo, scandiscono la nostra vita, che anche atleti non siamo, figuriamoci di chi deve parteciparvi. Oggi sentivo che qualche sconfitto già dava appuntamento a Rio 2016, quasi accorciando la vita reale nel tentativo di fare dell’appuntamento brasiliano un’ideale rivincita della sconfitta odierna. Qualcuno invece lascia, poi magari riprenderà, chissà. Qualcuno è indeciso, ed attende l’arrivo di nuove motivazioni per riprovarci; se pensiamo che la Vezzali, la donna più medagliata della storia olimpica italiana, ha già annunciato che a Rio ci vuole essere, mentre siamo in dubbio ci sia la Pellegrini che ha 14 anni di meno, comprendiamo come la testa di un atleta possa far molto, anche grazie magari a sport che lo consentono.

E’ bello che già si pensi al 2016. Aiuta ad esorcizzare il presente, proiettandoci nel futuro lontanissimo. Ma in fondo dietro l’angolo. Nel 2016 avrò 48 anni, e sarò alla mia tredicesima Olimpiade, ma sarà in pratica solo la decima realmente vissuta. Chissà come la vivrò, e se la vivrò. Per ora mi godo a tempo pieno queste, dopo almeno 2 Olimpiadi viste poco e niente, Atene e Pechino. A parte i problemi della Rai, e quelli dei diritti televisivi, trovo uno sport più globalizzato rispetto a come l’ho lasciato a Sidney. Tutti possono fare risultati in ogni campo, bastano impegno, talento e programmazione. Scorrendo l’elenco delle medaglie delle ultime Olimpiadi, comprendiamo anche la mappa del potere economico da un lato, e i programmi alle spalle di alcune nazioni dall’altro. La Cina è ormai la prima nazione nel medagliere, impensabile 20 anni fa. La Corea se la batterà per il terzo posto, idem. La Russia sta scomparendo via via, sostituita in parte da alcune sue ex repubbliche; l’Africa sale pian piano; nuovi paesi si affacciano alla ribalta, altri lentamente quasi scompaiono: alcune nazioni del blocco sovietico sono in piena crisi. E la stessa opulenta Germania, finita la Germania Est e il suo bacino di atleti, sta pagando dazio. Mentre va forte l’Inghilterra, che ha scommesso molto su un progetto a lunga scadenza per le Olimpiadi 2012, e ora sta ricevendo  frutti dell’investimento. Si difende bene la Francia, non decolla la Spagna, rimangono fra le più medagliate anche Australia e Giappone, delle vecchie potenze; rimane fuori dai giochi incredibilmente l’India, e in fondo anche gli sceicchi non è che investano in sportivi locali i loro soldi, preferiscono comprare squadre europee, forse guardano troppa tv…

L’Italia… l’Italia è quasi un miracolo, a pensarci. Buona parte della nostra squadra è di militari, l’ultimo rimasuglio delle partecipazioni statali. Non ci sono impianti, non ci sono investimenti (perché non ci sono soldi), non ci sono programmi: ci sono solo funzionari ben pagati, quello sì. Ci sono, però, tante isole felici, tanti talenti e tantissima passione: quella è tangibile, si tocca quasi con mano anche dalla televisione. Una passione che coinvolge anche gli sportivi ricchi, quelli che con lo sport ci campano e bene: l’Olimpiade aiuta a sentirsi parte di un tutto, cenare una sera con un polacco e quella dopo con un giamaicano toglie quella patina di puzza sotto al naso che alcuni sport tendono ad avere, se non altro per il conto in banca.

Non so quante medaglie vincerà l’Italia alla fine. Per ora siamo a 17, spero siano il doppio per superare le 27 di Pechino, ma sarà difficile. Certamente, dietro ogni medaglia c’è una storia, singola o di un gruppo; ci sono fatica, allenamenti, scelte, esclusioni eccellenti, scoperte. Come c’è una storia dietro ogni gara, e dietro ogni singola prestazione di ognuno dei nostri. Che qui, per 15 giorni, perdono la loro individualità – pur mantenendola in gara – e diventano atleti italiani, da tifare a prescindere da ogni tipo di campanile.

Perchè bisogna capire che, e chi l’ha fatto lo sa, lo sport è una fantastica cartina di tornasole dell’esistenza umana, ed una palestra di vita. Perchè facendo sport si insegnano ai ragazzi molte più cose di quelle che puoi insegnare controvoglia a scuola, per esempio. Ci pensi chi decide le sorti dello sport italiano, dove si trasmette in tv per il 95% soltanto calcio senza nemmeno che si sappia se un italiano ha vinto un mondiale in altri sport.

@aletozzi

London calling – day 12

La notizia ufficiale del giorno è che non ci si dopa, non bisogna umiliare lo sport; quella ufficiosa è che si può fare, ma l’importante è non farsi beccare, e se ti debbono beccare gli altri è meglio che ti elimino io prima ancora che gareggi.

Il Coni decide di far fuori Alex Schwazer, l’unica medaglia probabile dell’atletica, per far piazza pulita del doping; Alex, beccato a un controllo del 30 Giugno, ha già detto che è tutta colpa sua e che la sua carriera è finita.

Io non so quanti atleti in gara alle Olimpiadi si dopino, e non vengano colti in fragrante, per diversi motivi. Non credo siano affatto pochi, anzi. E credo che alcuni risultati siano frutto di un doping ancora peggiore, quello della “crescita”, che probabilmente scompare nel tempo, ma determina la potenza di un atleta (magari sto dicendo cose inesatte tecnicamente, ma la vedo così). So quello che ha passato Pantani, il più forte del mondo, da dopato o da normale, che ha pagato con la vita lo sforzo di rimanere al livello degli altri, che vedeva sfrecciar via quando magari erano 3 categorie sotto di lui.

Ma è lì che la Federazione deve colpire i cattivi maestri. Il nemico non può essere (solo) l’atleta sotto tiro, ma il Professore di turno che ti fornisce il medicinale adatto, e il contromedicinale per non essere beccato. Schwarzer pagherà, carissima, questa stupidata: via dalla Nazionale, via dai carabinieri, via dalle pubblicità. Speriamo gli rimanga almeno la fidanzata…certo che se dobbiamo pensare a qualcuno serio nel nostro Paese, chi lo è più di un carabiniere atleta altoatesino? Eppure le apparenze ingannano, come sa bene l’allenatore della palestra di Maddaloni, provincia di Caserta, che ha fornito 3 pugili olimpionici alla nazionale, perché lì a Maddaloni la boxe serve ad avere un’alternativa.

Oggi 3 belle medaglie. Emozionanti, sofferte, meritate. E talmente bravo che fa diventare tutto facile il toscano Campriani, che spara da ingegnere. Un peccato Fabbrizi nel double trap maschile, argento dopo lo spareggio; un bel successo il bronzo negli anelli di Morandi, visto che la ginnastica è sport quasi dimenticato, dove solo ogni 10/15 anni nasce un grande, e la concorrenza nel mondo (e nelle giurie) è tanta.

Ecco, le giurie. Tuffi, pugilato, ginnastica, ma anche altre discipline sia pure in maniera minore, sono nelle mani di arbitri figli del “divide et impera” che alla resa dei conti lirendi dopati esattamente come Schwarzer, con l’aggravante del dolo. Solo che il nostro atleta è il male del mondo e domani sarà in prima pagina su tutti i giornali del mondo; del giudice nessuno sa nemmeno chi è, e decide l’esito di gare e di medaglie né più né meno che l’Epo.

Non so se, da atleta, sia peggio perdere una medaglia per colpa di un parruccone o dell’epo dell’atleta avversario. So che la Cagnotto e Busnari, certamente, non dormiranno per molti giorni pensando che qualche simpatico e anonimo giudice del Wisconsin ha deciso, con mezzo punto in più o in meno, 4 anni della loro vita: l’atleta dopato, almeno, lo posso vedere in faccia a fine gara.

@aletozzi