Etichettato: Schwarzer

London calling – day 22 (the end)

Gara dalla piattaforma maschile. Tre atleti nello spazio di mezzo punto dopo 5 tuffi, con quello di casa che arriva solo terzo, nonostante il tifo da stadio della piscina. L’americano che vince ed il giorno prima, al primo turno, si era classificato all’ultimo posto utile, diciottesimo. Un punteggio di qualificazione in semifinale altissimo. Insomma, la gara forse più bella di sempre.

Bolt e i velocisti. Impressionante Bolt, ma anche gli altri giamaicani. Due quasi record di Usain, che diventa il velocista più forte di sempre, e record nella 4×100 sbriciolato senza Powell. Finisce il dominio Usa, che in tre gare raccatta un argento e un bronzo. La Giamaica comanda nella disciplina più famosa dei giochi: questa la notizia.

Beach volley. Mi pare che questi giochi ne abbiano ratificato l’esplosione a livello planetario, impianti sempre pieni, grande equilibrio, e compagini di tutto il mondo a giocarsela contro americani e brasiliani. Personalmente continuo a non appassionarmi troppo ad un gioco dove il campo è troppo grande per due persone, sarebbe come giocare nel campo di calcio 5 contro 5, avrebbe poco senso.

Il fioretto italiano. Incredibili le donne, non tanto per la vittoria, ma per la superiorità rispetto alle altre, sembravano juniores. Il bronzo della Vezzali, poi, rimane nella storia delle medaglie di queste Olimpiadi, con 4 stoccate recuperate in 12 secondi. Bene gli uomini, anche se alcuni hanno deluso (Aspromonte, e in parte Cassarà): se però si vince con la riserva in pedana, vuol dire che sei davvero ad altri livelli. Peccato per Baldini nell’individuale, meritava sicuramente di più.

Pistorius. Ha fatto le sue Olimpiadi, questa la notizia. Ed è stato bello vederlo in azione, è un gran personaggio il sudafricano. Quello che mi fa pensare è quale sia il limite, a questo punto, per gareggiare fra i normali. Sperando non sia solo la possibilità o meno di vincere concretamente medaglie, per evitare ricorsi: Pistorius fa comodo, perché è una bella storia, ed era innocuo a livello di medaglie. Ma altri?

Muserskij. Chi cazz’è, vi chiederete? Uno dei centrali della nazionale di pallavolo russa, altezza 2,18 cm. Persi in finale i primi due set contro la nazionale brasiliana, l’allenatore lo ha messo schiacciatore, e lui ha sbaragliato il campo, schiacciando di tutto e di più. Per capirci, come se nella finale degli Europei sullo 0/2 a fine primo tempo, Prandelli avesse messo Barzagli centravanti, e quello avesse fatto 3 gol. Il tutto, giocando contro un immenso Brasile, che alla fine si è accartocciato su se stesso, nonostante la torcida, perdendo certezze per colpa di questo gigante immenso. Come la vittoria della Russia, che per una volta è stata la vittoria della fantasia.

Peralta. Terza scelta messicana della nazionale di calcio messicana, 28 anni suonati senza squilli in carriera, decide la finale olimpica con due gol contro i fenomeni brasiliani. E’ lui il Neymar olimpico.

Triathlon femminile. Gara bellissima, finita in volata al fotofinish dopo 2 ore di bici, nuoto e ciclismo. Se si fossero messe d’accordo, non ci sarebbero riuscite.

Yannick Agnel. Vince a sorpresa 200 stile e staffetta 4×100, conquistando anche un argento nella 4×200. 20 anni, insieme a Manadou vincitore dei 50 metri maschili, ha fatto della Francia una potenza nel nuoto. Di fatto, sostituendo noi e i tedeschi.

Phelps. Finiti gli aggettivi. Eterno l’unico rimasto. Le molte specialità nel nuoto cui ha partecipato in 3 edizioni gli danno la possibilità di rimanere imbattibile nei secoli dei secoli. Che in fondo sembra anche la sua maledizione.

Rossi&Campriani. Due facce pulite, due belle storie, due tiratori incredibili, e all’apparenza sempre sereni. Come l’americana Rhode, che 4 anni fa aveva perso l’oro a vantaggio dell’italiana Cainero, e per non sbagliarsi ha fatto 99/100, come la Rossi.

Murray&Williams. Altra storia folle quella dello scozzese che non ha mai vinto uno Slam in vita sua, e trionfa in casa a Wimbledon contro Federer. Deve essere stata l’aria olimpica. O Federer ci ha messo del suo? Serena ha demolito la Sharapova, e vinto il doppio con la sorella: cosa volere di più dalla vita?

Mellouli. Vince i 10 km di nuoto di fondo, dopo il bronzo nei 1500 mt nei 1500. Credo sia come partecipare a una corsa di ciclismo, e una di mountain bike, e arrivare sul podio in entrambe. Fenomeno (anche perché nel nuoto aveva un cinese imbattibile davanti).

Mo Farrah. Oro nei 5000 mt e 10.000 mt maschili. L’etiope naturalizzato inglese ha sbaragliato il campo, come non accadeva da anni, battendo i keniani e gli etiopi: ci voleva davvero solo un etiope per farlo…

Dream Team. Vince, ma non convince. Probabilmente perché nel mondo il livello si è alzato, rimane lontano a quel Dream Team di Barcellona 1992, anche se questo provava ad imitarlo con l’utilizzo di tutti i grandi campioni del momento. Poco da fare, quelli erano i più forti di sempre. E anche i più simpatici.

Rudic. 4 ori olimpici come allenatore di pallanuoto con 3 nazioni diverse. Monumentale.

Federica Pellegrini. Se ne è parlato troppo, e a sproposito: perché è famosa, carina, fa le foto da modella e cambia spesso fidanzati e allenatori. Rimane una grande campionessa in uno sport poco italiano, che si disputa ogni tanto: fosse stata un calciatore, ora sarebbe già in campo per la riscossa, e invece deve aspettare 4 anni. Così è molto più complicato, a meno che non sei la Idem.

Schwarzer. Il caso più eclatante di doping di questa edizione, anche perché l’unico escluso direttamente dalla Federazione del proprio Paese. Proprio oggi hanno tolto l’oro a una pesista bielorussa, 3 righe in cronaca; per Schwarzer una settimana di titoloni. E chissà quante altre medaglie verranno cancellate nei prossimo giorni, chi può saperlo. Mi viene da pensare ci sia qualcosa dietro, non so cosa, anche se la conferenza stampa dell’atleta è forse la cosa più commovente dei giochi. Rimane un qualcosa di non detto che turba: da lui, dalla federazione, dai suoi tecnici. C’è del marcio in Alto Adige…

Sandro Campagna. Ct della Pallanuoto, ha vinto il Mondiale l’anno scorso. Perde la finale con la Croazia, e mentre è lì che festeggia sul palco a Casa Italia gli viene da piangere parlando dei suoi ragazzi: impagabile.

Fontana&Cammarelle. Gareggiano in contemporanea l’ultimo giorno. Uno perde per il sellino l’ultimo giro, l’altro per i giudici. Due medaglie d’oro in tutto e per tutto, anche se il colore all’apparenza è diverso.

Igor Bovolenta. Argento nel 1996 ad Atalanta, bronzo qui 16 anni dopo a Londra, come Samuele Papi. Sarebbe una bella storia se non fosse morto sul campo 4 mesi fa, giocando a pallavolo, il suo sport. La sua maglietta entra sul podio con gli azzurri e tanto basta.

Ye Shiwen. Cinese, vince a 16 anni due ori nei misti, nuotando l’ultima frazione più veloce di Phelps. Il problema? Che è una donna…

Carmelo Placì. Allenatore ombra della nazionale bulgara di volley, dopo aver fatto il secondo in Russia. Parla solo in italiano nei time-out e spesso ride con i giocatori: uno dei tanti grandi allenatori che esportiamo nel mondo, certamente uno dei più sconosciuti.

Maurizio Felugo. Capitano della nazionale italiana di pallanuoto. Si è fatto tatuare sul polpaccio una poesia di Alda Merini. Eccola “Io lo conosco: ha riempito le mie notti con frastuoni orrendi, ha accarezzato le mie viscere, imbiancato i miei capelli per lo stupore. Mi ha resa giovane e vecchia a seconda delle stagioni, mi ha fatta fiorire e morire un’infinità di volte. Ma io so che mi ama. E ti dirò, anche se tu non ci credi, che si preannuncia sempre con una grande frescura in tutte le membra, come se tu ricominciassi a vivere e vedessi il mondo per la prima volta. E questa è la fede, e questo è lui, che ti cerca per ogni dove, anche quando tu ti nascondi per non farti vedere”. C’è tanto da scoprire fuori dal mondo del calcio…

@aletozzi

London calling – day 19

In una giornata in cui vengono ricordati per ovvi motivi tutti i vincitori ed i medagliati, che portano al piazzamento finale che ci vede ottavi, volevo fare una mia personale classifica delle medaglie di legno italiane.

Quelle che nessuno conta, ma che sono quelle che ti rimangono spesso dentro con più rabbia. Quelle delle lacrime che ti rimangono dentro, e non ti fanno dormire per 4 anni aspettando una rivincita che magari non ci sarà mai. Quella che ti fa lasciare lo sport, che te lo fa maledire. In ogni gara c’è una medaglia di legno, almeno, anche se quando vinciamo non ce ne accorgiamo: è questo anche il suo bello, in fondo.

Decima: Josepha Idem. Quinta, a tre decimi dall’ennesima medaglia; lei non aveva bisogno di altri titoli per sapere che è una campionessa, ma solo per ricordare a tutti che a 48 anni si può essere competitivi. L’abbraccio con i figli a fine gara dice tutto: è lei la medaglia di legno meno amara dei nostri giochi.

Nono: Vittorio Parrinello. Nella categoria dei pesi gallo combatte agli ottavi contro il pugile di casa, e perde di misura, con molte polemiche; il pugile di casa poi vincerà il torneo. Lontanissimo dalla medaglia, quindi, ma al contempo vicinissimo: dopo Cammarelle abbiamo anche capito tutti perché.

Ottavi: Lodde e Cainero. Entrambi nel tiro a volo finiscono quinti, con grandi rimpianti per le potenzialità. La Cainero era addirittura campionessa uscente. Dopo aver visto le gare in tv, posso dire che la colpa sia tutta del telecronista, un menagramo assoluto al confine con l’idiozia: se la Rossi con lui ha fatto 99/100, con chiunque altro fa 120/100.

Settimo: Viviani. In una gara nuova (e assurda) del ciclismo, il Millennium, fatta di sei prove su pista, si batte e si sbatte, fino ad arrivare all’ultima prova come primo, sia pure a pari merito con altri due. Scopriamo però, mentre la sta facendo, che l’ultima prova non è la sua preferita: finirà solo sesto. Forse sarebbe bastato invertire le prove, e sarebbe stato tutto diverso.

Sesto: Greco. Finisce quarto nel triplo, dietro a un italiano. Considerando che nel triplo da noi ne nasce uno buono ogni 30 anni, possiamo capire quale sia stata la sua sfiga nel vedersi passare davanti per 14 cm proprio il compagno di squadra.

Quinto: Baldini. Diciamo la verità, forse meriterebbe il primo posto sul podio della sfiga, se non avesse vinto l’oro a squadre. Dopo la squalifica che gli impedì di gareggiare a Pechino, nel fioretto arriva in semifinale da outsider, perde contro il cinese campione giocandosela, poi nella finale terzo e quarto posto il capolavoro: per lunghi minuti, il corpetto dell’avversario registra male i suoi colpi. Lui se ne lamenta, ma gli arbitri non lo ascoltano. Solo sul 6/3 per l’altro il corpetto finalmente cambia, ma qualche punto è perduto, probabilmente. Perderà la finale del terzo e quarto posto 15/14, all’ultimo assalto, e sapendo che è livornese non voglio pensare alle sue bestemmie…

Quarto: Busnari. Ovvero il ginnasta che Cassina in tv aveva detto avrebbe vinto la medaglia dopo l’esercizio al cavallo con maniglie, sapendo vi fossero a quel punto solo due atleti più forti di lui, che infatti non sbagliano. Non aveva fatto i conti con un ragazzo inglese: è solo quarto, per un’incollatura. Vaglielo a dire alla regina.

Terza: Ferrari. Qui si entra sul podio ideale della sfiga. Pari merito nel corpo libero, dopo aver fatto un risultato migliore nelle eliminatorie, e sconfitta per una esecuzione peggiore. Ovvero, bastava usare un altro parametro, uno qualunque (la prova della eliminatoria. O la difficoltà dell’esercizio), e sarebbe stata medaglia. O forse sarebbe bastato mettere un paio di giudici meno legati ai russi…

Seconda: Tania Cagnotto. Idealmente è con lei, in mezzo podio, anche la Dellapè, che con lei perde la medaglia nel sincro per 2 punti all’ultimo tuffo, per un tuffo non perfetto. Tania riuscirà a superarsi, perché 2 giorni dopo perde il bronzo dal trampolino per due decimi di punto, dopo una gara che l’aveva vista sempre davanti all’avversaria messicana, entrata in finale quasi per sbaglio. Anche qui, una giuria più equidistante avrebbe portato ad una medaglia delle due, probabilmente. Le lacrime a fine gara non bastano. Tifiamo per lei perché ci riprovi a Rio 2016.

Primo: Schwarzer. Con distacco, come nella 50 km vinta a Pechino; e anche qui con le lacrime, come allora. La più di legno delle medaglie di legno. Dato per favorito nella 50 km, e come ottimo partecipante nella 20 km di marcia, non partecipa alla seconda per un presunto raffreddore sospetto, e una settimana prima della sua gara succede il patatrac. Siccome sappiamo sia un grande atleta, bisognerebbe capire il perché di tutto questo. Magari partendo dal percome. Sicuramente il più grande sconfitto di Londra 2012, altro che Pellegrini. Ma qualcuno ci dica che è accaduto, e come è potuto accadere. Anche perché stiamo sempre parlando della medaglia d’oro delle medaglie di legno, vogliamo sapere.

@aletozzi

London calling – day 14

Non possiamo sperare che la vicenda Schwarzer finisca. Possiamo solo sperare che se ne parli un po’ meno grazie a qualche medaglia d’oro degli azzurri. È arrivato il momento dei tornei di squadra, che rimangono fra le medaglie più belle delle Olimpiadi, quelle che oltretutto definiscono davvero un movimento rilevante. L’Italia al femminile è uscita ai quarti nella pallanuoto (ci stava), e nel volley (molto meno, eravamo decisamente favorite contro la Corea del Sud); le due compagini di beach volley sono uscite ai quarti, le donne contro le campionesse Usa che poi hanno rivinto, gli uomini contro una coppia di olandesi ex campioni olimpici di volley.

In alcuni sport non siamo mai pervenuti (non so quali risultati possa vantare la nazionale italiana di pallamano, per non parlare dell’hockey su prato), nel calcio non ci siamo qualificati, ci rimangono volley e pallanuoto maschile. Oggi, a rasserenare il clima pestilenziale della conferenza del nostro marciatore, ci hanno salvato loro.

Il volley ha battuto in tre set, tutto sommato anche senza soffrire troppo, i campioni olimpici statunitensi, che avevano vinto il girone: non grandi individualità, ma ottima compagine. L’Italia, dopo un girone balbettante, ha fatto una grande partita ed è passata. Sul 23 pari del primo set, l’arbitro ha considerato buona una battuta americana fuori di 30 cm. In altre occasioni saremmo usciti di testa e di partita, in questa siamo rimasti lì, e abbiamo fatto la nostra partita. La nazionale di volley è guidata da Mauro Berruto, ex allenatore della Finlandia, uno che ha come frase esistenziale una di Coelho “bisogna rischiare. Capiremo perfettamente il miracolo della vita quando permetteremo all’inaspettato di accadere”. Uno che ha scritto 2 libri di sport sotto forma di romanzi e non come libri tecnici, e che sul suo sito personale mette Oceano Mare di Baricco come il libro della vita. Uno che ai cambi di campo non parla quasi mai di tattica. Insomma, uno diverso: non so dove ci porterà questo mister, ma sicuramente ha un approccio diverso con il volley e con la vita.

La pallanuoto ha battuto i tricampeon olimpici ungheresi dopo una bella partita, sofferta al punto giusto, ma sempre comandata. In nazionale abbiamo un cubano naturalizzato, un ex australiano, un ex croato e uno nato a Budapest. Nel volley i due schiacciatori sono Lasko, polacco naturalizzato, e Zaytsev, figlio di due atleti russi che si sono trovati a giocare, e poi vivere, in Italia. L’allenatore è Sandro Campagna, grande giocatore, che ha allenato anche la Grecia. Vedere Scariolo allenare la Spagna di basket, Damilano la marcia cinese, Messina e Pianigiani due delle più grandi squadre del mondo nel basket. Capello, Lippi, Mancini, Ancellotti, Spalletti e tutti gli altri nel calcio, fa pensare che la scuola italiana è ormai parte di un tutto, pur mantenendo le sue prerogative nei singoli sport. Sentire Zaytsev che parla umbro stretto, e nella panchina bulgara un allenatore pugliese che insulta i giocatori in italiano, fa quasi pensare che il concetto di nazione da tifare sia venuto meno. Non è così. Ed anzi, le medaglie negli sport di squadra sono le più belle, che vengono dopo partite combattute che durano 2 ore, e magari non dopo una prova agli anelli che dura 1 minuto (con tutto il rispetto per gli anelli). E speriamo di vincere anche le due semifinali, sarebbe un bel risultato per il nostro sport, soprattutto per il nuoto, tanto vituperato in queste Olimpiadi.

Oggi mi ha colpito un servizio Rai, di passaggio fra una partita e l’altra. C’era la Cagnotto sul trampolino, i suoi tuffi, le sue lacrime, e immagini di bambina che si mischiavano a quelle di adulta, sempre abbracciata e consolata dal padre, con in sottofondo la canzone La Cura di Battiato. Non si poteva non commuoversi. Esattamente come alla conferenza stampa di Schwarzer, alle sue lacrime a dirotto pensando alla madre che doveva aprire la porta a quelli del Coni, e lui che dentro di se voleva urlarle che non c’era per evitare il controllo, ma poi non ce l’ha fatta, bloccato dai mostri che aveva dentro. Siccome, come detto, coltivo una passione smodata per i perdenti, queste Olimpiadi sono della Cagnotto, della Ferrari, della Pellegrini e di Schwarzer. Ognuno perdente a modo suo. Ognuno vincente a modo suo. Figli diversi di quella strana nazione che è l’Italia. Lacrima. Bandiera sullo sfondo. Dissolvenza.

@aletozzi