Etichettato: Lodde e Cainero

London calling – day 19

In una giornata in cui vengono ricordati per ovvi motivi tutti i vincitori ed i medagliati, che portano al piazzamento finale che ci vede ottavi, volevo fare una mia personale classifica delle medaglie di legno italiane.

Quelle che nessuno conta, ma che sono quelle che ti rimangono spesso dentro con più rabbia. Quelle delle lacrime che ti rimangono dentro, e non ti fanno dormire per 4 anni aspettando una rivincita che magari non ci sarà mai. Quella che ti fa lasciare lo sport, che te lo fa maledire. In ogni gara c’è una medaglia di legno, almeno, anche se quando vinciamo non ce ne accorgiamo: è questo anche il suo bello, in fondo.

Decima: Josepha Idem. Quinta, a tre decimi dall’ennesima medaglia; lei non aveva bisogno di altri titoli per sapere che è una campionessa, ma solo per ricordare a tutti che a 48 anni si può essere competitivi. L’abbraccio con i figli a fine gara dice tutto: è lei la medaglia di legno meno amara dei nostri giochi.

Nono: Vittorio Parrinello. Nella categoria dei pesi gallo combatte agli ottavi contro il pugile di casa, e perde di misura, con molte polemiche; il pugile di casa poi vincerà il torneo. Lontanissimo dalla medaglia, quindi, ma al contempo vicinissimo: dopo Cammarelle abbiamo anche capito tutti perché.

Ottavi: Lodde e Cainero. Entrambi nel tiro a volo finiscono quinti, con grandi rimpianti per le potenzialità. La Cainero era addirittura campionessa uscente. Dopo aver visto le gare in tv, posso dire che la colpa sia tutta del telecronista, un menagramo assoluto al confine con l’idiozia: se la Rossi con lui ha fatto 99/100, con chiunque altro fa 120/100.

Settimo: Viviani. In una gara nuova (e assurda) del ciclismo, il Millennium, fatta di sei prove su pista, si batte e si sbatte, fino ad arrivare all’ultima prova come primo, sia pure a pari merito con altri due. Scopriamo però, mentre la sta facendo, che l’ultima prova non è la sua preferita: finirà solo sesto. Forse sarebbe bastato invertire le prove, e sarebbe stato tutto diverso.

Sesto: Greco. Finisce quarto nel triplo, dietro a un italiano. Considerando che nel triplo da noi ne nasce uno buono ogni 30 anni, possiamo capire quale sia stata la sua sfiga nel vedersi passare davanti per 14 cm proprio il compagno di squadra.

Quinto: Baldini. Diciamo la verità, forse meriterebbe il primo posto sul podio della sfiga, se non avesse vinto l’oro a squadre. Dopo la squalifica che gli impedì di gareggiare a Pechino, nel fioretto arriva in semifinale da outsider, perde contro il cinese campione giocandosela, poi nella finale terzo e quarto posto il capolavoro: per lunghi minuti, il corpetto dell’avversario registra male i suoi colpi. Lui se ne lamenta, ma gli arbitri non lo ascoltano. Solo sul 6/3 per l’altro il corpetto finalmente cambia, ma qualche punto è perduto, probabilmente. Perderà la finale del terzo e quarto posto 15/14, all’ultimo assalto, e sapendo che è livornese non voglio pensare alle sue bestemmie…

Quarto: Busnari. Ovvero il ginnasta che Cassina in tv aveva detto avrebbe vinto la medaglia dopo l’esercizio al cavallo con maniglie, sapendo vi fossero a quel punto solo due atleti più forti di lui, che infatti non sbagliano. Non aveva fatto i conti con un ragazzo inglese: è solo quarto, per un’incollatura. Vaglielo a dire alla regina.

Terza: Ferrari. Qui si entra sul podio ideale della sfiga. Pari merito nel corpo libero, dopo aver fatto un risultato migliore nelle eliminatorie, e sconfitta per una esecuzione peggiore. Ovvero, bastava usare un altro parametro, uno qualunque (la prova della eliminatoria. O la difficoltà dell’esercizio), e sarebbe stata medaglia. O forse sarebbe bastato mettere un paio di giudici meno legati ai russi…

Seconda: Tania Cagnotto. Idealmente è con lei, in mezzo podio, anche la Dellapè, che con lei perde la medaglia nel sincro per 2 punti all’ultimo tuffo, per un tuffo non perfetto. Tania riuscirà a superarsi, perché 2 giorni dopo perde il bronzo dal trampolino per due decimi di punto, dopo una gara che l’aveva vista sempre davanti all’avversaria messicana, entrata in finale quasi per sbaglio. Anche qui, una giuria più equidistante avrebbe portato ad una medaglia delle due, probabilmente. Le lacrime a fine gara non bastano. Tifiamo per lei perché ci riprovi a Rio 2016.

Primo: Schwarzer. Con distacco, come nella 50 km vinta a Pechino; e anche qui con le lacrime, come allora. La più di legno delle medaglie di legno. Dato per favorito nella 50 km, e come ottimo partecipante nella 20 km di marcia, non partecipa alla seconda per un presunto raffreddore sospetto, e una settimana prima della sua gara succede il patatrac. Siccome sappiamo sia un grande atleta, bisognerebbe capire il perché di tutto questo. Magari partendo dal percome. Sicuramente il più grande sconfitto di Londra 2012, altro che Pellegrini. Ma qualcuno ci dica che è accaduto, e come è potuto accadere. Anche perché stiamo sempre parlando della medaglia d’oro delle medaglie di legno, vogliamo sapere.

@aletozzi