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London calling – day 14

Non possiamo sperare che la vicenda Schwarzer finisca. Possiamo solo sperare che se ne parli un po’ meno grazie a qualche medaglia d’oro degli azzurri. È arrivato il momento dei tornei di squadra, che rimangono fra le medaglie più belle delle Olimpiadi, quelle che oltretutto definiscono davvero un movimento rilevante. L’Italia al femminile è uscita ai quarti nella pallanuoto (ci stava), e nel volley (molto meno, eravamo decisamente favorite contro la Corea del Sud); le due compagini di beach volley sono uscite ai quarti, le donne contro le campionesse Usa che poi hanno rivinto, gli uomini contro una coppia di olandesi ex campioni olimpici di volley.

In alcuni sport non siamo mai pervenuti (non so quali risultati possa vantare la nazionale italiana di pallamano, per non parlare dell’hockey su prato), nel calcio non ci siamo qualificati, ci rimangono volley e pallanuoto maschile. Oggi, a rasserenare il clima pestilenziale della conferenza del nostro marciatore, ci hanno salvato loro.

Il volley ha battuto in tre set, tutto sommato anche senza soffrire troppo, i campioni olimpici statunitensi, che avevano vinto il girone: non grandi individualità, ma ottima compagine. L’Italia, dopo un girone balbettante, ha fatto una grande partita ed è passata. Sul 23 pari del primo set, l’arbitro ha considerato buona una battuta americana fuori di 30 cm. In altre occasioni saremmo usciti di testa e di partita, in questa siamo rimasti lì, e abbiamo fatto la nostra partita. La nazionale di volley è guidata da Mauro Berruto, ex allenatore della Finlandia, uno che ha come frase esistenziale una di Coelho “bisogna rischiare. Capiremo perfettamente il miracolo della vita quando permetteremo all’inaspettato di accadere”. Uno che ha scritto 2 libri di sport sotto forma di romanzi e non come libri tecnici, e che sul suo sito personale mette Oceano Mare di Baricco come il libro della vita. Uno che ai cambi di campo non parla quasi mai di tattica. Insomma, uno diverso: non so dove ci porterà questo mister, ma sicuramente ha un approccio diverso con il volley e con la vita.

La pallanuoto ha battuto i tricampeon olimpici ungheresi dopo una bella partita, sofferta al punto giusto, ma sempre comandata. In nazionale abbiamo un cubano naturalizzato, un ex australiano, un ex croato e uno nato a Budapest. Nel volley i due schiacciatori sono Lasko, polacco naturalizzato, e Zaytsev, figlio di due atleti russi che si sono trovati a giocare, e poi vivere, in Italia. L’allenatore è Sandro Campagna, grande giocatore, che ha allenato anche la Grecia. Vedere Scariolo allenare la Spagna di basket, Damilano la marcia cinese, Messina e Pianigiani due delle più grandi squadre del mondo nel basket. Capello, Lippi, Mancini, Ancellotti, Spalletti e tutti gli altri nel calcio, fa pensare che la scuola italiana è ormai parte di un tutto, pur mantenendo le sue prerogative nei singoli sport. Sentire Zaytsev che parla umbro stretto, e nella panchina bulgara un allenatore pugliese che insulta i giocatori in italiano, fa quasi pensare che il concetto di nazione da tifare sia venuto meno. Non è così. Ed anzi, le medaglie negli sport di squadra sono le più belle, che vengono dopo partite combattute che durano 2 ore, e magari non dopo una prova agli anelli che dura 1 minuto (con tutto il rispetto per gli anelli). E speriamo di vincere anche le due semifinali, sarebbe un bel risultato per il nostro sport, soprattutto per il nuoto, tanto vituperato in queste Olimpiadi.

Oggi mi ha colpito un servizio Rai, di passaggio fra una partita e l’altra. C’era la Cagnotto sul trampolino, i suoi tuffi, le sue lacrime, e immagini di bambina che si mischiavano a quelle di adulta, sempre abbracciata e consolata dal padre, con in sottofondo la canzone La Cura di Battiato. Non si poteva non commuoversi. Esattamente come alla conferenza stampa di Schwarzer, alle sue lacrime a dirotto pensando alla madre che doveva aprire la porta a quelli del Coni, e lui che dentro di se voleva urlarle che non c’era per evitare il controllo, ma poi non ce l’ha fatta, bloccato dai mostri che aveva dentro. Siccome, come detto, coltivo una passione smodata per i perdenti, queste Olimpiadi sono della Cagnotto, della Ferrari, della Pellegrini e di Schwarzer. Ognuno perdente a modo suo. Ognuno vincente a modo suo. Figli diversi di quella strana nazione che è l’Italia. Lacrima. Bandiera sullo sfondo. Dissolvenza.

@aletozzi