Etichettato: vezzali

London calling – day 4

In una giornata deludente per l’Italia, almeno nei grandi nomi, fra il flop della Pellegrini, il tuffo sbagliato della coppia Cagnotto-Dellapè, la squadra di arco femminile eliminata al primo turno, Aldo Montano fuori dopo poco (ci penserà il napoletano Occhiuzzi a vincere un argento), il ciclismo femminile sotto tono, la pallavolo maschile anche, il personaggio che mi ha più colpito è la statunitense Kimberly Rhodes. Ovvero un’illustre sconosciuta, almeno per me, fino ad oggi. E’ la nuova campionessa dello skeet femminile, che succede all’italiana Cainero, entrata in finale col sesto posto, senza però riuscire a rimontare e vincere una medaglia, finendo solo quinta.

Kimberly Rhodes è l’incarnazione perfetta della donna del Far West, manca solo che in una mano abbia anche un bambino piangente, e magari lo allatti, mentre con l’altra spara che è una bellezza per tenere lontani gli indiani. Paffutella, sorridente ad ogni cambio di angolo di tiro, imbracciava il fucile quasi fosse un idrante, con una tecnica ai miei occhi di neofita (che però osservava anche le altre atlete, e il loro stile) che pareva scorretta e prima ancora quasi impossibile. Ebbene, la Rhodes non solo ha vinto l’oro, ma con 99 piattelli colpiti su 100 ha fatto il nuovo record mondiale. Provate voi a colpire per 99 volte su 100 un piattello che vola con una carabina, poi comunicatemi il vostro score. Oltretutto realizzato in un campo di tiro a detta di tutti molto difficile (non mi chiedete perché). L’atleta statunitense, 33enne ma che pensavo ne avesse almeno 10 in più, è la dimostrazione che se ti sai scegliere il tuo sport non contano l’aspetto, il peso, il viso da velina, la tecnica di tiro diversa: se dentro hai qualcosa di importante, e la statunitense oggi ne aveva davvero, alla fine raggiungi il tuo risultato.

Senza dover annunciare anni sabbatici perché a 24 anni hai finito la benzina mentale: le donne del far west, se per caso staccano la spina anche per un secondo, vengono uccise dagli indiani…

@aletozzi

___________________________________

Il cibo degli Dei

Dopo un paio di giorni di gare e di vita olimpica, Roberto Perrone, maestro di scorribande gastronomiche per il Corriere della sera, ha stilato la sua personale classifica in merito alla qualità della ristorazione. Non possiamo che fidarci del suo giudizio.

Seul 5 – Barcellona 6 – Atlanta 6,5 – Sydney 7,5 – Atene 4,5 – Pechino 5,5 – Londra 5

London calling – day 3

Succede tutto in pochi secondi. Perché anche la vita si decide in pochi secondi, in fondo, questo ormai l’abbiamo capito tutti. Michele Frangilli e Valentina Vezzali. Tiro con l’arco e fioretto, quanto di più diverso vi sia in campo sportivo.

Lui un omone, lei uno scricciolo. Michele Frangilli non lo conosceva quasi nessuno, penso. Ora è qui, a Londra, con l’ultimo tiro a disposizione. Il compagno davanti a lui, l’olimpionico di Atene Galiazzo, ha appena fatto 8 punti, con un “oooh” di delusione del pubblico. Gli Usa sono lì, 9 punti avanti, dopo una sfida punto a punto, comandata sempre dall’Italia invero. Il tiro che nessuno vorrebbe avere sulla coscienza, dipende tutto da quello: con 8 si perde, con 9 si pareggia e si va a oltranza, con 10 si vince. Frangilli, per la cronaca, è stato “enfant prodige” del tiro con l’arco: bronzo ad Atlanta a 20 anni a squadre, argento a Sidney sempre a squadre. Poi nel 2008 a Pechino non era stato convocato, vai a sapere perché. Tutto nelle sue mani. E pochi secondi per prendere la mira, e decidere un destino.

Valentina Vezzali la conoscono tutti, invece. Tre medaglie d’oro e una d’argento, è anche portabandiera. Un mito del fioretto di tutti i tempi. Qui ha sofferto per entrare in semifinale, poi persa contro una compagna di squadra. Gli tocca una coreana, che aveva lottato fino all’ultima stoccata contro la nostra Di Francisca, poi medaglia d’oro. Gara equilibrata per due terzi, poi nell’ultima parte la Vezzali sbanda vistosamente. Si trova a dodici secondi dalla fine, secondo più secondo meno, con 4 stoccate di svantaggio dalla coreana. Più o meno come stare nel calcio sotto 2/0 a 1 minuto dalla fine. Ha mollato, dice il cronista, un problema di motivazioni forse. La Vezzali si toglie la maschera, forse per guardarlo in faccia, e ricordargli chi è…

Succede così che, in quei pochi secondi, Michele Frangilli prenda la mira e lanci verso il bersaglio lontano 70 mt. La freccia viaggia e si ferma proprio sulla linea del 10, 1 millimetro in meno sarebbe stato 9. Grida il telecronista “10!”, in leggero ritardo per via del satellite. Il mio grido lo precede, stavolta. E’ oro.

Succede che la Vezzali tutto a un tratto si ricorda di essere la più grande fiorettista vivente, e in 12 secondi  (più o meno il tempo di bere un bicchier d’acqua) metta 4 stoccate, mentre la coreana diventi sempre più impaurita, e quasi scompaia in pedana. E poi all’overtime mette anche la quinta stoccata, e cade per terra piangente baciando la pedana, anche solo per un bronzo: lei, che ha vinto 3 ori di seguito alle Olimpiadi. E’ un bronzo importante però, delinea un podio tutto azzurro, è uno spettacolo assoluto vedere le tre bandiere una accanto all’altra salire in contemporanea, mentre tutto il palazzo dello sport canta l’inno di Mameli; e poi le tre azzurre mettersi in posa per la foto ricordo sul podio più alto. Sono secondi che nessuno dei due dimenticherà mai più; e con loro tutti quelli che li stavano guardando in televisione facendo il tifo per loro.

Perché la vita si decide in pochi secondi, l’abbiamo capito tutti.

@aletozzi