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London calling – day 3

Succede tutto in pochi secondi. Perché anche la vita si decide in pochi secondi, in fondo, questo ormai l’abbiamo capito tutti. Michele Frangilli e Valentina Vezzali. Tiro con l’arco e fioretto, quanto di più diverso vi sia in campo sportivo.

Lui un omone, lei uno scricciolo. Michele Frangilli non lo conosceva quasi nessuno, penso. Ora è qui, a Londra, con l’ultimo tiro a disposizione. Il compagno davanti a lui, l’olimpionico di Atene Galiazzo, ha appena fatto 8 punti, con un “oooh” di delusione del pubblico. Gli Usa sono lì, 9 punti avanti, dopo una sfida punto a punto, comandata sempre dall’Italia invero. Il tiro che nessuno vorrebbe avere sulla coscienza, dipende tutto da quello: con 8 si perde, con 9 si pareggia e si va a oltranza, con 10 si vince. Frangilli, per la cronaca, è stato “enfant prodige” del tiro con l’arco: bronzo ad Atlanta a 20 anni a squadre, argento a Sidney sempre a squadre. Poi nel 2008 a Pechino non era stato convocato, vai a sapere perché. Tutto nelle sue mani. E pochi secondi per prendere la mira, e decidere un destino.

Valentina Vezzali la conoscono tutti, invece. Tre medaglie d’oro e una d’argento, è anche portabandiera. Un mito del fioretto di tutti i tempi. Qui ha sofferto per entrare in semifinale, poi persa contro una compagna di squadra. Gli tocca una coreana, che aveva lottato fino all’ultima stoccata contro la nostra Di Francisca, poi medaglia d’oro. Gara equilibrata per due terzi, poi nell’ultima parte la Vezzali sbanda vistosamente. Si trova a dodici secondi dalla fine, secondo più secondo meno, con 4 stoccate di svantaggio dalla coreana. Più o meno come stare nel calcio sotto 2/0 a 1 minuto dalla fine. Ha mollato, dice il cronista, un problema di motivazioni forse. La Vezzali si toglie la maschera, forse per guardarlo in faccia, e ricordargli chi è…

Succede così che, in quei pochi secondi, Michele Frangilli prenda la mira e lanci verso il bersaglio lontano 70 mt. La freccia viaggia e si ferma proprio sulla linea del 10, 1 millimetro in meno sarebbe stato 9. Grida il telecronista “10!”, in leggero ritardo per via del satellite. Il mio grido lo precede, stavolta. E’ oro.

Succede che la Vezzali tutto a un tratto si ricorda di essere la più grande fiorettista vivente, e in 12 secondi  (più o meno il tempo di bere un bicchier d’acqua) metta 4 stoccate, mentre la coreana diventi sempre più impaurita, e quasi scompaia in pedana. E poi all’overtime mette anche la quinta stoccata, e cade per terra piangente baciando la pedana, anche solo per un bronzo: lei, che ha vinto 3 ori di seguito alle Olimpiadi. E’ un bronzo importante però, delinea un podio tutto azzurro, è uno spettacolo assoluto vedere le tre bandiere una accanto all’altra salire in contemporanea, mentre tutto il palazzo dello sport canta l’inno di Mameli; e poi le tre azzurre mettersi in posa per la foto ricordo sul podio più alto. Sono secondi che nessuno dei due dimenticherà mai più; e con loro tutti quelli che li stavano guardando in televisione facendo il tifo per loro.

Perché la vita si decide in pochi secondi, l’abbiamo capito tutti.

@aletozzi